Da sabato scorso rispondo a centinaia di messaggi rassicurando, informando, cercando di far ragionare, smorzando i toni… poi quando ho ricevuto questo messaggio “La peste nera, era batterica o virale?” beh, ho staccato la connessione; poi mi sono pentita e ho scritto, batterico!

Risposta “Allora possiamo stare tranquille!”

Questa affermazione mi ha messo davanti alla dura realtà, che la paura di contagio e conseguenze non ha confini di nessun tipo.

Molti si lamentano delle misure prese, altri suggeriscono cosa si sarebbe dovuto fare, sembra che tutti siano in grado di dare giudizi e consigli, non parliamo poi nei vari programmi televisivi e sui social. Ieri sera in pizzeria il pizzaiolo ha tenuto un “simposio” su quello che si sarebbe dovuto fare!

Io sinceramente mi ASTENGO.

Questo virus per ora non mi spaventa, ma sono consapevole che ha un alta contagiosità, che la questione sia molto complessa e che ci sono delle categorie a rischio. Qualsiasi opzione il governo avesse preso, non sarebbe andata bene; avranno sentito gli esperti e definito la linea che passava per la maggior tutela, hanno esagerato? Sbagliato? Non lo so, non ho le competenze mediche ed epidemiologiche per argomentare, ritengo quindi che tacere in questo caso, per me, sia d’obbligo.

Quello che mi stupisce oltremodo, sono i commenti increduli nei confronti della limitazione al movimento che in questo momento viene fatto nei confronti di noi veneti; provate a mettervi nella parte dei riceventi. Molti di noi, forse per la prima volta, si sono sentiti “non voluti” perché residenti in una determinata regione, pensate a chi questa sensazione la prova sempre, anche senza il virus!

Pensate se questa epidemia fosse partita dal meridione, se il paziente zero fosse stato un migrante, pensate a che ondata di “odio e rabbia” ne sarebbe seguita. Quando parlano del “virus lombardo” mi immagino i commenti degli Italiani che abitano “dopo il Po”, come definiva mio nonno il meridione.

Mia mamma ha portato in famiglia un Marchigiano, mio padre, abitante ben dopo il Po, ad Urbino. Forse pochi di voi conosceranno il detto: “meglio un morto in casa, che un Marchigiano alla porta”. Detto che risale ai tempi del papa Sisto V, marchigiano, che affidò ai suoi compaesani, l’onere di fare da esattori! Mio nonno era una persona intelligente e così abbiamo fatto l’Italia unita in casa! Sarà anche per queste origini che dentro di me non alberga nessuna forma di discriminazione?!

Questa settimana, per molti di voi la vita è continuata, nuove nascite ma anche dolori, malattie e perdite. Altro che virus mi ha detto un giovane donna, ricoverata in ospedale per ben altro… farei a cambio subito!

Penso sempre che quello che ci manca è la coscienza collettiva, la capacità di capire che ognuno di noi può fare la differenza, con il suo comportamento, per l’intera comunità.
Invece si tende sempre a guardare il proprio benessere, il proprio tornaconto, mi sembra quasi che si condivida con gli altri solo l’inutile e si deleghi a “non so chi” le cose più importanti.

Ho letto un post in questo senso, che invitava persone disponibili a aiutare famiglie con figli a casa… stroncato, solo obiezioni, nessuna solidarietà. Ma questa rubrica è diventata per molti di voi, un appuntamento fisso, “alla mattina del lunedì non vedo l’ora di accendere il computer per leggerti”, uno spunto di riflessione e confronto.

Vi ringrazio per le mail, i messaggi, scritti e a quattr’occhi, a tutti voi che avete voluto condividere un commento, un sentimento, un ricordo, un grazie per esserci. Grazie a voi di esserci e per chi ancora ha avuto timore di rispondere, di confrontarsi, di condividere con me un pensiero, nessun timore:

Accetto suggerimenti, apprezzo i confronti, tollero (poco, ahahaha) le critiche!
E come sempre sono a disposizione!

Saranno giornate difficili, settimane probabilmente, ma non dimenticatevi il rispetto in primo luogo per voi stessi e quindi anche per gli altri, la solidarietà la si vede ancor di più in questi momenti, l’altro siete voi, ricordatevelo.

Con Affetto, Franca.

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