“Il 40% delle specie di impollinatori, come le api e le farfalle, dopo centinaia di milioni di anni di esistenza trascorsi a passare da un fiore all’altro garantendo uno dei più importanti servizi all’ecosistema terrestre, sono a rischio di estinzione a causa dei cambiamenti climatici, dei pesticidi, dell’urbanizzazione e di numerose altre attività antropiche invasive.”

Questo recita la Treccani.

Io che abito in campagna, come penso molti di voi, visto che ancora viviamo in un sistema agricolo, ci siamo resi conto dei cambiamenti rispetto alla presenza di insetti differenti a quelli che vedevamo quando eravamo più giovani.

Basti pensare a queste malefiche cimici che divorano di tutto, compreso le mie orchidee!

Già da anni questo gravissimo problema del rischio estinzione delle api viene denunciato da diversi studi scientifici, e il numero di ricerche e iniziative è proporzionale alla preoccupazione. Anche se le cause di tale fenomeno, infatti, non sono ancora del tutto chiare, assolutamente evidenti sono invece le conseguenze: dall’impollinazione dipendono, almeno parzialmente, il 75% delle colture alimentari nel mondo, il 90% di piante e fiori selvatici e un’enorme quantità di altri prodotti non alimentari.

È evidente anche ad un bambino che se lasciassimo scomparire le api porterebbero via con sé molti alimenti necessari alla nostra sopravvivenza e avremo una diminuzione della varietà degli stessi, oltre ovviamente alla mancanza di miele.

Non stupisce quindi lo sconcerto destato nel 2006 dall’improvvisa morte di moltissimi di questi insetti nel Nord America, quando per la prima volta si assistette a quella che oggi viene definita la sindrome dello spopolamento degli alveari, che ha investito poi altre zone del mondo, soprattutto in Europa.

Altrettanta angoscia suscitarono nel 2014 le immagini di milioni di contadini cinesi impegnati nella impollinazione manuale, che resero visibili al mondo le immediate conseguenze del problema. Non si tratta di un’estinzione qualsiasi, non di un fenomeno le cui conseguenze non sono ancora percepibili, ma di qualcosa che già ci ha investiti in pieno.

Ma ahimé come in molti altri settori è più semplice girarci dall’altra parte e fare finta che il problema, che al momento non coinvolge il singolo, il singolo possa fare a meno di preoccuparsene!

In Europa, già dal 2013, alcuni pesticidi considerati più dannosi, come quelli della classe dei neonicotinoidi, sono soggetti a forti restrizioni e sono forse destinati a un bando completo. Si stanno anche ripensando la destinazione dei suoli e le modalità di cultura.

Ma oltre a tali iniziative, che hanno l’obiettivo di salvare queste specie, sono anche in corso da tempo diversi progetti per sostituire la loro fondamentale funzione, nella prospettiva più drammatica che la strage non si riesca a fermare.

Da qualche anno si susseguono infatti ricerche e brevetti per creare impollinatori artificiali. Negli Stati Uniti, per esempio, dopo molti anni di studi, nel 2017 è stato presentato dall’università di Harvard il RoboBees, un microrobot capace di volare autonomamente e in prospettiva anche di impollinare i fiori; in Giappone, sempre nello stesso anno, è stato compiuto un altro tentativo nel medesimo senso, basato sugli studi biotecnologici, dal National institute of advanced industrial science and technology (AIST), che potrebbe giungere anch’esso all’obiettivo in una decina di anni.

Quindi invece di preoccuparci, ognuno di noi, di diminuire l’inquinamento, con anche il semplice stop all’utilizzo di materiali usa e getta, pensiamo a sostituire le api!

Si calcola che una sola ape al giorno visiti ben 7000 fiori, ma cosa vogliamo sostituire, quando la nature ci offre tutto quello che le serve per funzionare.

Dalle API ci vengono dei rimedi per la salute eccezionali, come la PAPPA REALE, la pappa della regina, che da sempre ci aiuta nei momenti di difficoltà fisica, sia nostra che delle creature!

La PROPOLI che tutti noi conosciamo per la sua azione antibatterica e non solo! Essa è una sostanza resinosa che le api raccolgono dalle gemme e dalla corteccia delle piante, un prodotto completamente vegetale, anche se poi le api lo elaborano con degli enzimi, polline e cere per strutturare i favi! Quindi?

Ognuno di noi faccia la sua parte! NOI SIAMO GLI ALTRI, come mi trovo sempre a ripetere ultimamente!

Dott.ssa Franca

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